Habana Vieja

El Caballero de París

Quando l’ho visto per la prima volta per le strade dell’Avana, el Caballero de París era quanto di più incongruo con il contesto di quella città in rivoluzione ci si potesse aspettare; vestiva di nero – ma erano stracci –, la sua magra figura avvolta in un corto mantello, ed esibiva barba e capelli lunghi fin giù ai piedi.

Sembrava un mendicante in un paese che non ne aveva più, ma non chiedeva elemosina; semplicemente aveva scelto di vivere fra le pietre di quella bella città del tropico, pur essendo nato a Lugo, in Spagna, nella fredda e piovosa Galizia.

La sua figura raminga era nota a tutta la città e tutta la città ne tollerava l’aspetto e l’eccentricità anche se, periodicamente, e con l’approvazione generale, senza alcun rispetto per le rimostranze di quell’estroso caballero, veniva preso di peso, immerso in una vasca da bagno, e poi rimesso in circolazione con le unghie tagliate e barba e capelli di lunghezza accettabile.

Si raccontava che ne usciva furioso e che sbraitava al vento, come era solito fare nelle sue camminate per la città senza rivolgersi a nessuno.

Una figura rispettata

Nonostante la sua incuria per l’igiene, il suo bizzarro girovagare, le sue furiose arringhe al vento, “nessun abitante dell’Avana avrebbe offeso con parole o opere il Caballero de París; era ammirato silenziosamente, e nessun ragazzino gli avrebbe lanciato contro una parolaccia, non importunava nessuno, non riuscivamo a capire dove mangiasse o bevesse e, nel suo apparente vagare per la capitale, era facile trovarlo in qualche sito recondito dove nascondeva il suo letto fatto di avanzi di carta e cartoni, inseparabilmente uniti alla sua insolita biblioteca” (Fiñes, 26).

Con il passare degli anni, la salute ferrea di quell’ossuto galiziano era venuta meno. Ricoverato nell’Ospedale Psichiatrico della città, gli era toccato un onore straordinario: lo scultore Héctor Calas lo aveva rappresentato in una efficace scultura quasi a supplire la sua assenza dalle strade della città, e l’Historiador de la Ciudad, Eusebio Leal Spengler, aveva pronunciato un discorso per inaugurarla.

La sepoltura solenne

Qualche anno dopo, nel 1986, el Caballero de París era passato a miglior vita, eppure, la sua sagoma è ancora lì, nelle strade della città perché Eusebio ne ha collocato l’immagine in bronzo sul marciapiedi del Convento di San Francisco, a perpetuarne il legame con la città e ha fatto anche di peggio: ha trasferito i resti di quel personaggio ribelle e indomito dal piccolo cimitero di Santiago de las Vegas, alla Basilica Maggiore di San Francesco d´Assisi.

Un gesto quanto meno bizzarro che lo scrittore Eduardo Galeano ha descritto così: “Ora giace sotto il pavimento del convento di San Francesco, insieme ai vescovi, agli arcivescovi, i commendatori, i conquistatori. Là, nel luogo che meritava, lo seppellì Eusebio Leal, che è sempre stato anche lui pazzo per lei [L´Avana]”(Eduardo Galeano, Le labbra del tempo, Milano 2004, p. 139) .

Galeano, con questo breve tratto di penna, rivela una delle cose che univano quel clochard all’instancabile, operoso e dinamico Eusebio Leal, e cioè il grande amore per la bella città dell’Avana.

La fantasiosa aristocrazia di Caballero

Un amore indiscutibile ma non sufficiente perché nel gesto inconsueto dell’Historiador c’è un omaggio al “simbolo della non conformità dell´uomo con il suo destino”, ma c’è soprattutto l’azzardato e grandioso gesto di “concedere verità al suo delirio immaginativo”: a chi per tutta la vita ha assunto la fantasiosa aristocrazia di Caballero de París, è stato concesso l’onore di riposare – da nobile – nella terra consacrata della Basilica Maggiore.

Per approfondire e ampliare:
http://www.eusebioleal.cu/…/stare-nella-rivoluzione-eusebi…/

La Pennabilli di Tonino Guerra

‘Una straordinaria realtà poetica, che si trova per metà fuori e per metà dentro di me’. (Tonino Guerra)

Chi visita Pennabilli e l’alta Valmarecchia, entra in universo straordinario amato da Dante e da Giotto, da Buonconte da Montefeltro e da Ezra Pound, che andò a Pennabilli per vedere la “culla” dei Malatesta.

Tonino Guerra, foto di Fabio Lovino.

Tonino Guerra da quel luogo sperduto riuscì a far sentire la voce dell’infanzia del mondo, dell’uomo antichissimo che emerge quando il greto del fiume Marecchia resta secco e il sole spacca le argille sbiancandole.

“La Val Marecchia, dove sorge Pennabilli, è bellissima. Ma il paesaggio più importante da salvare in questa valle è l’uomo, l’uomo con la sua mente inquinata che non si accorge di distruggere un mondo antico; l’uomo che scarica i veleni nelle acque dei fiumi; l’uomo che taglia le piante secolari e che crede di essere padrone di tutto. […]”.

Per approfondire:
https://www.riccione.net/itinerari/pennabilli-e-il-poeta-tonino-guerra

http://www.museoiluoghidellanima.it

 

Il Museo Nomade

Nella foto di apertura, il ‘Museo Nomade’ sul molo 54 di New York, lungo più di 205 metri e alto 16.

Shigeru Ban, architetto giapponese vincitore del Premio Pritzker nel 2014, è l’autore del progetto del ‘Museo Nomade’

Questo edificio è stato realizzato a New York, utilizzando container e cartone.
La struttura era stata costruita per accogliere ‘Ashes and Snow’, una mostra di fotografie di Gregory Colbert (vedi più avanti), che ha avuto luogo a New York nel 2005 e più tardi a Santa Monica, a Tokyo e a Città del Messico.

La condizione di base nella configurazione della struttura, quindi, è stata quella della sua adattabilità alle diverse situazioni ambientali dei siti di volta in volta scelti.

Il progetto è un esempio emblematico di “architettura in movimento”, basata sull’impiego del container che, in senso concettuale e reale, rappresenta l’idea della provvisorietà dell’oggetto e dell’intrinseca impossibilità del suo radicamento al luogo.

La struttura espositiva, infatti, ha pareti realizzate con un sapiente assemblaggio di containers e di altri materiali che concorrono a definirla nella sua essenza iconica. Il progetto è stato realizzato sulla suggestione della struttura dell’Arsenale di Venezia, luogo in cui fu allestita per la prima volta la mostra-evento, indimenticabile.

 

 

Chi è Gregory Colbert

Ai più questo nome non dice nulla ma la fotografia qui sotto probabilmente tanti la conoscono. Colbert è un famoso fotografo e film maker canadese le cui opere sviluppano il tema del magico rapporto tra l’animale e l’uomo.

 

Per approfondire:
http://www.vg-hortus.it/index.php?option=com_content&view=article&id=383:shigeru-ban-nomadic-museum&catid=1:opere&Itemid=2
http://www.fotonauti.it/i-maestri-della-fotografia/gregory-colbert/

 

 

L’uovo solare

A Parigi lo chiamano confidenzialmente ‘uovo’.

Si trova sull’Île Seguin – sobborgo ovest di Parigi per anni in stato di abbandono dopo la chiusura degli stabilimenti Renault nel 1992– è un concerto di spigoli vivi e curve armoniose magistralmente orchestrato da Shigeru Ban: è la Seine Musicale.

Si tratta di un complesso unico in Europa che concentra in un unico luogo spazi per concerti ed esposizioni, negozi legati all’arte e alla cultura e ristoranti.

Ma a catturare l’attenzione dei passanti e dei visitatori è l’ingegnosa vela mobile alta 45 metri, ricoperta di pannelli fotovoltaici per alimentare il sito con energia rinnovabile. «Ogni quindici minuti, la vela si sposta per seguire il sole, creando interessanti giochi d’ombra sulle vetrate».

Per saperne di più:

https://www.laseinemusicale.com/projet

http://living.corriere.it/tendenze/architettura/shigeru-ban-seine-musicale-parigi/

Una casa che si costruisce come un origami

M.A.DI. (Modulo Abitativo DIspiegabile), casa antisismica, prefabbricata e assemblata a secco, altamente personalizzabile, facilmente espandibile, ecosostenibile, energeticamente autonoma, a zero impatto ambientale, abitabile in giornata, facilmente trasportabile, rimovibile, riutilizzabile, recuperabile e 100% italiana.

M.A.DI. è un sistema costruttivo che usa la tecnica del dispiegamento per la realizzazione di edifici antisismici ad uso residenziale, per il tempo libero, l’ospitalità, la collettività, il commercio, l’artigianato e la realizzazione di villaggi temporanei per eventi sportivi o fieristici e di pronto intervento in caso di calamità naturali.

Ogni modulo si estende su due livelli. È consegnato completo di impianto elettrico, idrosanitario, di climatizzazione (caldo/freddo), sanitari, allaccio cucina.

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La scuola dei bambini

È in Romagna la scuola che sembra nata dalla matita felice di un disegnatore di libri per l’infanzia. Inaugurata nel 2010, è colorata, funzionale, innovativa. Colpisce subito la scuola elementare Don Milani di Faenza, tanto da attirare l’attenzione del Miur (Ministero dell’istruzione, università e ricerca) che ha premiato nel giugno del 2016, i progettisti dell’edificio scolastico, Claudio Coveri e Giorgio Garavini, Tecnici del Comune di Faenza, che, insieme architetto belga Lucien Kroll, hanno tradotto in progetto tecnico il progetto collettivo della scuola. Il risultato, infatti, è il frutto di un processo pilota di progettazione partecipata, che prese avvio nel 2001. Progetto partecipato e sostenibile, di cui essere fieri.

Per saperne di più:
http://www.bioarchitettura-rivista.it/arretrati/n66/66_FAENZA.pdf

Psicologia della forma

Il termine tedesco Gestalt (participio passato di von Augen gestellt) significa ‘posizionato davanti agli occhi’, ‘ciò che compare allo sguardo’, ovvero ‘forma’. La Gestalt passa alla storia come teoria della forma, ovvero di tutto ciò che può essere percepito.

La Gestaltpsychologie o psicologia della forma si sviluppò, a Berlino all’inizio del XX secolo, come movimento che si opponeva allo strutturalismo vigente. Il motto per antonomasia dei gestaltisti fu: “Il tutto è più della somma delle singole parti”, il cui significato sottolinea che la totalità del percepito è molto di più della somma dalle singole attivazioni sensoriali, ma è caratterizzato da ‘un qualcosa’ che permette di comprendere la forma nella sua totalità.

Bacino della Ruhr: dall’acciaio a un parco

Germania – Bacino della Ruhr – Rimodellazione di un paesaggio industriale, un esempio virtuoso realizzato alla fine del secolo scorso.

Il bacino della Ruhr è stato uno dei più importanti poli produttivi d’Europa, specializzato nell’attività estrattiva e in quella siderurgica, con un sistema di infrastrutture, costruito in funzione dell’attività produttiva.

Tra il 1960 e il 1980, tutte le grandi industrie minerarie e siderurgiche del bacino della Ruhr, subiscono un inesorabile declino con conseguenze drammatiche sull’intera area: l’iper-specializzazione del sistema produttivo, i nuclei urbani cresciuti attorno agli stabilimenti e alle miniere, il paesaggio fittamente cosparso di colline formate da scorie industriali, tracciati ferroviari, fabbriche dismesse, strade senza uscita, il fiume Emscher e i suoi affluenti deviati e trasformati in un lungo scarico pubblico a cielo aperto.

Dieci anni per cambiare scenario

L’intervento di rigenerazione si svolse nel decennio fra il
1989 e il 1999, e fu coordinato dal Land (equivalente alla regione italiana), in collaborazione con: l’Internationale Bauausstellung Emscher Park, (IBA Emscher Park) cioè la (Mostra Internazionale di costruzioni e architettura). L’IBA si strutturò come un’agenzia di consulenza e indicò le direzioni verso le quali le iniziative potevano svilupparsi, fornì consigli e suggerimenti, creò un rapporto fra partner potenziali, esaminò i criteri qualitativi di ogni progetto per evidenziarne le caratteristiche.

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La neurobiologia vegetale

«L’antropocentrismo. Quello che diverge viene valutato come un handicap. Noi siamo lo standard, ciò che è diverso da noi è indice di incompiutezza, di incomprensibile diversità. Se altre forme di vita non sono “perfette” come noi, sono anomale. Le piante, poi: non hanno organi, non si muovono… Tanto che diciamo “in stato vegetativo” per dire quando siamo prossimi all’inorganico, alla fine. Se guardiamo alle piante da questo punto di vista, non le capiremo mai. Perché sono una forma di vita differente». (Stefano Mancuso)

Stefano Mancuso è uno scienziato di fama internazionale, dirige il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV), dell’Università degli Studi di Firenze, presso la quale è Professore. Ha insegnato in Università in varie parti del mondo. È autore di numerosi libri e pubblicazioni su riviste internazionali.

La neurobiologia vegetale studia i segnali e la comunicazione presenti nelle piante a tutti i livelli di organizzazione biologica, dalla singola molecola alle comunità ecologiche. La neurobiologia vegetale è una disciplina nuova e, forse per questo motivo, osteggiata da molti. Essa studia come le piante possano riuscire a ricevere dei segnali dall’ambiente, rielaborando le informazioni e calcolando le soluzioni adatte alla propria sopravvivenza.

Per saperne di più:

https://www.corriere.it/…/stefano-mancuso-vita-segreta-pian…

VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=JlEjlwsKDqA

https://www.raiplay.it/…/Che-ci-faccio-qui—Stefano-Mancus…

Patrick Blanc

Quando la natura, l’architettura e l’arte ‘cantano’

 

 

A Parigi c’è un botanico-artista che ha catturato dalla natura la sapienza di far vivere specie vegetali in condizioni limite (poca acqua, poca terra). La sua creatura ha preso il nome di giardino verticale. Il suo primo progetto di giardino verticale è stato completato nel 1985 alla Cité de Sciences et de l’Industrie di Parigi. Dovettero trascorrere 10 anni prima che la società si accorgesse della straordinarietà di quell’opera: solo a metà degli anni ’90, infatti, il concetto di verde verticale è diventato argomento di discussione tra i professionisti, e solo nei primi anni del 2000 si è diffuso per raggiungere un pubblico più ampio. L’idea originale di Blanc era quella di “far tornare la natura nelle città” ispirandosi alle foreste pluviali tropicali e agli ambienti di alta quota, dove molte piante crescono senza, o con una minima quantità di terreno a disposizione.

Per approfondire: https://lnkd.in/gSRx5Rr
https://lnkd.in/gJyVGf5